DOMANDE FREQUENTI

- QUAL È LA DIFFERENZA TRA DENUNCIA E QUERELA?
La denuncia, presentata dal Pubblico Ufficiale o dal privato, è uno dei mezzi attraverso il quale il Pubblico Ministero o la polizia giudiziaria prendono conoscenza di un fatto costituente reato (artt. 331 e ss. c.p.p.). Ai privati è anche concessa la facoltà di presentare denuncia oralmente (art. 333 c.p.p.). Nel caso di denuncia, il procedimento si avvia d'ufficio, cioè senza che sia necessario l'intervento della persona offesa dal reato.
Per poter invece procedere in ordine ad alcuni reati specifici, la legge richiede una ulteriore condizione (c.d. condizione di procedibilità) che consiste frequentemente nella cosiddetta
querela (ad esempio per i reati di lesioni, percosse, ingiuria, diffamazione, etc.). Per querela si intende la manifestazione di volontà della persona offesa che si proceda in ordine ad uno specifico reato (artt. 336 e ss. c.p.p.). Anche la querela può essere presentata oralmente (e in questo caso si redige un verbale per iscritto ad opera dell'autorità che la riceve) e può essere altresì rimessa (cioè ritirata) o rinunciata (se non è stata ancora presentata). La legge prescrive inoltre che la querela debba essere presentata entro il termine perentorio di tre mesi (e non 90 giorni).
- QUALI SONO I TERMINI PER PROPORRE UNA QUERELA?
L'art. 124 c.p. prescrive che
la querela sia presentata nel termine perentorio di tre mesi (e non 90 giorni) dalla notizia del fatto costituente reato.
La giurisprudenza ha chiarito che tale termine comincia a decorrere dalla effettiva conoscenza del fatto che ha la persona offesa, anche in relazione alla sua qualifica di reato e alla individuazione dell'autore. Si può, ad esempio, sapere che è accaduto un determinato evento, ma non avere subito gli elementi per qualificarlo quale reato, oppure può esserci bisogno di tempo per esperire alcuni accertamenti al fine di conoscere chi è l'autore del fatto. In tali casi il termine comincerà a decorrere dal momento in cui il quadro oggettivo e soggettivo sarà completo, indipendentemente dal momento in cui è verificato il fatto.Inoltre, l'onere di provare che la querela è stata proposta non tempestivamente grava su chi vuole far valere la decadenza, e l'eventuale incertezza deve essere interpretata a favore del querelante.

- COME SI PUÒ ESSERE RISARCITI PER IL DANNO PRODOTTO DA UN REATO?

Se si è persona offesa dal reato, per ottenere il dovuto risarcimento, si hanno due possibilità alternative.La prima possibilità è quella di costituirsi parte civile nel procedimento penale. Con l'atto di costituzione di parte civile si determina l'inserzione di una richiesta risarcitoria di natura privatistica nel processo penale, andando ad aggiungere al processo una parte facoltativa (il processo penale, vede infatti come parti essenziali solo lo Stato, rappresentato dal Pubblico Ministero, e l'imputato). Con la costituzione di parte civile, il danneggiato dal reato, oltre a richiedere di essere risarcito per il danno subito, può anche partecipare al processo presentando testi, altri elementi di prova, memorie e consulenze. Alternativamente alla costituzione di parte civile nel processo penale, il danneggiato dal reato può instaurare un normale procedimento di cognizione per responsabilità da fatto illecito (contrattuale o extracontrattuale) innanzi al tribunale civile, il cui esito sarà peraltro indipendente dal procedimento penale, salvo che al momento dell'instaurarsi del processo civile, nel giudizio penale non sia già stata pronunciata sentenza di primo grado o vi sia già stata costituzione di parte civile (in tale ultimo caso, tacitamente revocata, art. 82 c.p.p.). Con la previsione di questi due canali alternativi, il legislatore ha voluto far valere il principio dell'indipendenza del giudicato penale rispetto al giudicato civile o amministrativo (salvi i casi di pregiudizialità assoluta del giudizio civile su quello penale in ordine alle controversie su questioni attinenti la cittadinanza e lo stato di famiglia, art. 3 c.p.p.). Nel caso di giudizio civile, il risarcimento richiesto dovrà comprendere anche il danno morale (cioè il danno non patrimoniale), normalmente escluso nelle domande che non trovano origine in fatti costituenti reato.
- QUALI SONO LE DIFFERENZE TRA REATO DOLOSO, COLPOSO E PRETERINTENZIONALE?
Per
dolo si intende la consapevolezza e la volontà di commettere un reato. Il dolo è uno degli elementi essenziali al fine di qualificare ciascun reato (è detto, in particolare, elemento soggettivo, perché riguarda uno stato psicologico). L'art. 42 c.p. prevede infatti che nessuno può essere punito per un’azione od omissione preveduta come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà, ma fa salvi alcuni casi espressamente previsti dalla legge in cui può aversi reato anche in mancanza di dolo (sono i casi dei reati preterintenzionali e dei reati colposi). Si determina uno stato soggettivo di preterintenzione quando si vuole porre in essere un reato, ma le conseguenze della propria azione sono più gravi di quanto previsto (ad esempio, si vuole colpire con un pugno per provocare una percossa e invece si determina la morte della persona colpita). Le uniche figure previste nel nostro ordinamento sono l’omicidio preterintenzionale (art. 584 c.p.) e l’aborto preterintenzionale (art. 18, c. 2, L. 194/1978). Si ha invece l'elemento soggettivo della colpa quando manca la volontà di determinare un qualsiasi evento costituente reato, ma l'evento si verifica ugualmente per negligenza, imprudenza, imperizia o per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline (art. 43 c.p.). Anche le ipotesi di reati colposi sono tassativamente previste dalla legge (ad esempio: omicidio colposo [art. 589 c.p.] o lesioni colpose [art. 590 c.p.]). Le contravvenzioni sono punibili sia se commesse a titolo di dolo che a titolo di colpa.
- QUANDO PUÒ ESSERE INVOCATA LA LEGITTIMA DIFESA O UNA DELLE ALTRE CAUSE DI NON PUNIBILITÀ DEL REATO?
L'art. 52 c.p. (legittima difesa) prevede la non punibilità del fatto se chi lo ha commesso vi è stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta. Tuttavia, lo stesso articolo stabilisce che deve esservi proporzionalità tra la difesa e l’offesa. La reazione è perciò giustificata solo ove sussistano i due requisiti della NECESSITÀ e della PROPORZIONALITÀ tra offesa e difesa. La giurisprudenza ha chiarito che, relativamente alla legittima difesa, la proporzionalità deve assumersi tra i beni in conflitto. Ad esempio, nel caso di un furto, che presuppone l'offesa all'integrità patrimoniale di un soggetto, non sarà considerata legittima la difesa di chi, per scongiurare tale reato, cagioni la morte del ladro, posto che in questo caso si va a ledere il bene della vita che è certamente sovraordinato al bene patrimoniale.
Altre cause di giustificazione sono:
  • il consenso dell'avente diritto (art. 50 c.p.)
  • l'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere (art. 51 c.p.)
  • l'uso legittimo delle armi (art. 53 c.p.)
  • lo stato di necessità (art. 54 c.p.)